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Tratto da “Decanter” del Febbraio 2006 di Stephen Brook.
BAROLO – ANTICO & MODERNO
Barolo può essere conosciuto per il suo grande vino, ma la linea tra i metodi tradizionali e quelli contemporanei di produzione è tutt’altro che sottile, scrive STEPHEN BROOK
Il contrasto tra vecchio e nuovo si estende all’architettura, dalla struttura modernista di Bricco Rocche al vecchio paese di Barolo.
Durante una recente visita ad uno dei migliori produttori di Barolo, Mauro Mascarello, sono stato preso alla sprovvista quando lui ha tirato fuori un e-mail che gli avevo inviato mesi prima commentando il suo vino di punta, Cà d’Morissio. Il mio commento era stato favorevole e si era concluso con l’affermazione che la vecchia distinzione tra produttori ‘tradizionali’ e ‘modernisti’ di Barolo stava perdendo di importanza. Mascarello è un convinto esponente della corrente tradizionalista e si è educatamente opposto al fatto di essere considerato alla stessa stregua di altri ottimi produttori di vino il cui approccio era molto diverso. Il mio tentativo di nobile arbitrato non era chiaramente stato accolto molto bene. Questo è servito a ricordare che il dibattito è, agli occhi di qualcuno, vivissimo. I tradizionalisti vedono se stessi come i guardiani del Barolo autentico, il risultato di una lunga, lenta vinificazione seguita da un prolungato affinamento in grandi botti di rovere. I modernisti prediligono macerazioni più brevi ed un fruttato più evidente, ed usano spesso l’affinamento in barrique per dare al vino la sua struttura e gusti addizionali. La lamentela di Mascarello contro i modernisti può essere riassunta come segue: “Non metto assolutamente in discussione che alcuni modernisti producano grandi vini. Ma non producono grande Barolo.” Elio Altare, un pioniere tra i modernisti, una volta mi ha detto: “Non sono interessato a produrre grande Barolo. Voglio semplicemente produrre grande vino. E tutti i grandi vini rossi del mondo vengono invecchiati in barrique.” Provo simpatia per entrambi i campi, che vengono entrambi traditi dai loro eccessi. I tradizionalisti scadenti producono vini incostanti, allappanti e spesso asciugati dai tannini feroci; i modernisti mediocri travolgono i complessi aromi e frutta dell’uva Nebbiolo con sapori tostati, cioccolatosi e di rovere nuovo. Eppure pochi metterebbero in discussione il fatto che ci siano brillanti enologi in entrambi queste due scuole contrapposte. Di tutte le uve rosse del mondo il Nebbiolo deve essere il più difficile da vinificare. Di colore pallido, ma con elevati tannini, acidità ed alcol, richiede un difficile atto di bilanciamento da parte dell’enologo. Qualora un elemento si imponga eccessivamente, il vino mancherà di equilibrio. I produttori di vino della California parlano spesso di “gestione dei tannini”. La loro grande lotta con il geniale Cabernet Sauvignon non è nulla in confronto alla battaglia intrapresa dai produttori di Barolo e Barbaresco nel domare i tannini del Nebbiolo. Una delle principali differenze tra i due campi risiede nell’approccio alla macerazione – ossia il periodo di tempo durante cui il mosto rimane a contatto con le bucce e semi durante la fermentazione. I tradizionalisti come Mauro Mascarello, il suo omonimo, il defunto Bartolo Mascarello o il defunto Giovanni Conterno consideravano una macerazione di 30 o più giorni una cosa da nulla. Questa estrarrà inevitabilmente più tannini di un periodo più breve. “Ma so come compensare questo,” spiega Mascarello. “Raccolgo le uve molto mature – talvolta un po’ stramature – al fine di evitare gli amari tannini dei semi immaturi. E lascio maturare il vino a lungo in grandi botti prima che sia pronto per l’imbottigliamento. I Barolo tradizionali come i miei non si presentano bene quando sono giovani, quindi spesso soffrono nelle degustazioni al buio. Il vantaggio della vinificazione tradizionale è che non si hanno profumi di vaniglia e cioccolato e la frutta non è camuffata da note di legno. I vini affinati in barrique possono facilmente stancare il palato. Con una macerazione breve la qualità dei tannini non ha rilevanza, ma con una lunga vinificazione tradizionale la qualità è decisiva.” Chiaramente Mascarello sa cosa fa, come anche altri tradizionalisti come Bruno Giacosa, Aldo Vajra ed i Conterno. Ma molti vini dei tradizionalisti erano pessimi. Claudio Fenocchio, anche un tradizionalista, ha spiegato come, 40 anni fa, il vino potesse essere così stopposo da essere portato in soffitta durante le torride estati, in modo da accelerare l’evoluzione di un vino diversamente imbevibile. L’uso di vecchie botti, se non scrupolosamente curate, potrebbe sostanzialmente aumentare il rischio di contaminazioni batteriche: l’acidità volatile era un problema sempre presente. Ho avuto il dubbio piacere di degustare molti Barolo tradizionali degli anni ‘60 e ’70, ed una netta maggioranza non sono invecchiati bene. Al contrario mostrano estrema instabilità, tannini asciutti, mancanza di frutta e gusti andati a male. Non è quindi difficile capire perchè i pionieri modernisti – Elio Altare, Domenico Clerico, Roberto Voerzio, Angelo Gaja, il defunto Ranato Ratti ed altri – fossero desiderosi di dare un taglio a questo discutibile passato. I loro viaggi in Borgogna e Bordeaux li hanno persuasi delle virtù di più brevi vinificazioni e affinamento in barrique. Ratti ha infatti affermato che i cosiddetti metodi tradizionali erano un’aberrazione, introdotti dalla mancanza di manodopera durante i periodi di guerra e crisi economica. La pratica veramente tradizionale, ma con elevata richiesta di manodopera, della follatura era stata sostituita mantenendo il cappello sommerso, spesso tenuto giù con delle pietre, massimizzando così inevitabilmente l’estrazione dei tannini, che a sua volta richiedeva lunga maturazione in botti. É fuor di dubbio che i pionieri modernisti hanno rivoluzionato la vinificazione del Barolo spinti dal sincero desiderio di migliorare la qualità. Enrico Scavino, che utilizza sia botti sia barrique, insiste di non essere alla ricerca di aromi del legno. “Uso barrique perché rendono più facile fissare il colore e gli antociani e danno al vino la necessaria microssidazione,” dice. “Tutto questo aiuta a mettere il vino sulla strada giusta. Poi viene invecchiato in botti di rovere Francese, che sono contenitori neutri. Se si usano esclusivamente barrique l’evoluzione del vino è più rapida. Ma questo è esattamente il perché io limito il mio uso di barrique – voglio un’evoluzione lenta.” I metodi di Scavino illustrano perché il dibattito non è assolutamente delineato. Lui non è né un tradizionalista tesserato né un modernista. É invece un produttore di vino intelligente e sensibile che prende a prestito le tecniche che, dal suo punto di vista, contribuiscono ad una più elevata qualità, abbandonandone altre. Questo è ciò che caratterizza gli eccezionali produttori di Barolo di cui lui ne fa indiscutibilmente parte. Elio Grasso invecchia il suo cru “Runcot” in rovere nuovo, ma gli altri suoi Barolo vengono invecchiati in botti, che vengono rinnovate ogni 10 anni. Renato Cigliutti di Barbaresco varia anche il tipo di legno a seconda del carattere dei suoi diversi cru. Domenico Clerico insiste sul fatto di essere un produttore tradizionale, sebbene usi barrique. I suoi Barolo vengono macerati da 18 a 25 giorni, tuttavia vengono anche invecchiati in legno nuovo al 90% per almeno due anni. “L’unico motivo per cui vengo visto come un modernista è perché ho installato il controllo della temperatura prima di molti altri,” dice. “Il mio ruolo più importante è di rispettare ed esprimere i miei diversi terroir, che sono stati conosciuti per secoli dai ns. antenati. I viticoltori intelligenti sono più importanti di abili enologi.” Venti anni fa Clerico era considerato un rivoluzionario. Oggi lui si vede come un conservatore. Ci sono produttori e vini che sono sfacciatamente moderni, come lo ‘Enrico VI’ di legno nuovo di Cordero di Montezemolo ed i tre Barolo di Conterno Fantino, tutti invecchiati in rovere nuovo. Molti viticoltori di La Morra, ferventi seguaci (e spesso vicini) di Altare, seguono la sua preferenza per la rapida vinificazione in rotofermentatori ed affinamento in barrique. Federico Ceretto, non un tradizionalista, guarda senza troppo entusiasmo a questo approccio piuttosto basato sulle formule. “É facile produrre i cosiddetti vini moderni,” dice. “Basta fare brevi macerazioni a temperature elevate, generalmente in rotofermentatori per il massimo del colore, ed usare molto legno nuovo.” Lascia intendere che nonostante i vini risultanti possano essere perfettamente buoni, è improbabile che esprimano le sfumature del terroir. Condivido parte di questo scetticismo, in particolare quando si parla delle brevi macerazioni care ad Altare. Per me è significativo che nessun produttore top in Borgogna o Bordeaux – punti di riferimento del modernismo – abbia adottato la tecnica. Non sono giunto ad alcuna conclusione, salvo gradire la varietà e qualità dei vini attuali di Barolo e Barbaresco. Posso trarre grande piacere da un Barolo complesso, tradizionale come quelli di Mascarello, Conterno, Fenocchio, Cavallotto o Giacosa, senza sciupare il mio apprezzamento dei vini riccamente strutturati, affinati in barrique del campo dei modernisti. La scelta di stili ora disponibili va tutta a vantaggio dei consumatori. Vale anche la pena far notare che le trincerate posizioni vengono mantenute solo alle punte estreme di ogni schieramento stilistico – i nomi di Mauro Mascarello ed Elio Altare. Qui la maggior parte dei produttori di vino è pragmatica, adottando ed adattando idee vecchie e moderne. A Barbaresco il dinamico Giorgio Pelissero invecchia il suo Barbaresco normale in barrique più vecchie ed in botti, mentre il suo cru di punta, Vanotu, matura completamente in legno nuovo. Vietti usa anche entrambi barrique e botti. Aldo Vajra predilige macerazione a lungo ed invecchiamento prolungato in botti, ma usa anche rimontaggi e follature meccaniche, che probabilmente farebbero alzare il sopracciglio a qualche tradizionalista. Roberto Voerzio usa molto legno nuovo, ma le sue fermentazioni sono abbastanza lunghe. Riassumendo, le tecniche di vinificazione vengono adattate alla struttura dei vini. Non molto tempo fa l’enologo Donato Lanati ha scritto a Mauro Mascarello a sostegno del suo approccio tradizionalista. Le lunghe macerazioni, confermava, estraggono i tannini dei semi dell’uva che devono quindi essere maturi; e ci può forse anche essere una perdita di colore. Concludeva: “Questo vino potrà in qualche modo essere meno concentrato, con un po’ meno colore e leggermente più tannico, ma sarà più particolare, più elegante, più autentico e potrebbe persino essere un po’ più ‘vero alle sue radici’, come vorremmo che fossero tutti i ns. rapporti con la vita.” Trovo che sia persuasivo ed eloquente, proprio come sono persuaso dalla ponderazione e dalla passione per la qualità di un Clerico o Scavino.
TRADIZIONALISTI
Bruno Giacosa, Rocche di Falletto, Barolo 1998 *****
Ritroso sentore di ciliegia, ma meravigliosamente espressivo al palato; frutta intensamente matura, tannini integrati e perfetto equilibrio e persistenza. Fino al 2020.”
Mauro Mascarello, Monprivato, Barolo 1999 *****
Discutibilmente il migliore dei tradizionalisti; dolce, intenso profumo di lampone e viola; inizio fine, ma ricco e vellutato; molto elegante, maturo e persistente. Fino al 2020. £47.75; BBR
Cavallotto, Bricco Boschis, Vigna San Giuseppe, Barolo Riserva 1999 ****
Profumi fumosi, di cuoio, ma fruttato, pepato e notevolmente delicato al palato. Fino al 2020. £34.22; HHC
Elio Grasso, Chiniera, Barolo 2000 ****
Naso floreale discretamente profumato, chiodi di garofano; intenso, speziato ed elegante; duro e concentrato, retrogusto dalla vivace acidità. Fino al 2015. £35.95; L&W
Vajra, Bricco delle Viole, Barolo 1999 ****
Naso intensamente profumato di ciliegie e viole, ricco e duro, con tenuta tannica e ricco retrogusto, tuttavia senza ruvidezza. Elegante e fatto per durare. Fino al 2016. £38; Lib
Produttori del Barbaresco, Rabaj” Barbaresco 1997 *** Profumo di amarene; compatto, potente, fresca acidità; stile classico, buona persistenza. Fino al 2014.£45.75; EnW
MODERNISTI
Conterno Fantino, Sori Ginestra, Barolo 1999 *****
Denso, profumo di susina selvatica; tostato e fumoso; pastoso e sapido, consistenza vellutata; potente frutta prugnosa ravvivata da un retrogusto speziato. 2007-2016. £44.65; F&R
Paolo Scavino, Carobric, Barolo 1999 *****
Profumo di amarena, ricco, legnoso, ma elegante; frutti rossi e menta, fresco, concentrato, potente, speziato e corposo. Ottimo. 2008-2018. £40.60; J&Bo.
Clerico, Pajana, Barolo 1999 ****
Profumi ricchi di selvaggina e cuoio; concentrato, tannico e vigoroso, più con potenza e persistenza che non finezza. 2008-2015. £38.08; J&
Roberto Voerzio, Cerequio, Barolo 1998 ****
Profumi imponenti, dolci, prugnosi; anche eleganti, come lo è il palato opulento ma grintoso, con la sua lunga, potente, pepata persistenza. Fino al 2020. £79.90; F&R.
Altare, Barolo 1998 ***
Assemblaggio da vigneti di La Morra, ha profumi di ribes e menta e fresche, affascinanti note di frutta rossa in bocca. Elegante, anche se non complesso. Fino al 2010. £35.08; J&B
Veglio, Castelletto, Barolo 2001 *** Un vino denso e strutturato, con la frutta che prevale sui tannini solidi, legnosi e cioccolatosi; elegante e dalla lunga persistenza pepata. 2008-2020 £25.17; F&R