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Tratto da “Wine Report”
BAROLO MONPRIVATO: una celebrazione del Nebbiolo
LA VERTICALE
Splendido sorì di sei ettari d’est ensione, situato a 280 metri d’altezza nel cuore delle terre del Barolo, nel comune di Castiglione Falletto, il Monprivato è un vigneto di lunga storia, citato in archivi catastali del 1666 e compreso dal grande Renato Ratti, nel 1985, nel ristretto novero dei soli undici vigneti storici di prima categoria della zona del Barolo. La sua vicenda s’intreccia si può dire da sempre con le vicende di una delle aziende più note del panorama produttivo della Langa albese, la Giuseppe Mascarello e figlio, che attraverso Giuseppe, Maurizio, Giuseppe II detto Gepin, è arrivata ai giorni nostri alla conduzione di Mauro, portabandiera senza esitazioni e senza cedimenti del Barolo old style. Quello, per intenderci, lungamente fermentato, affinato in grandi botti di rovere di Slavonia, lasciato pazientemente maturare, dapprima in legno e quindi in bottiglia, e del tutto alieno da quei modernismi e quelle scorciatoie (diciamo così), che rischiano d’incrinare e compromettere l’immagine ed il prestigio di questo inimitabile, unico, grande rosso albese. Numerosi riconoscimenti internazionali e la memoria grata di coloro che abbiano avuto la fortuna d’imbattersi in un esemplare di una grande annata di questo super cru, hanno illustrato il Monprivato: articoli ed elogi convinti dei principali esperti del vino internazionali culminati, nel 1985, nel trionfo riportato, dal Monprivato 1978, in una degustazione di grandi vini rossi del mondo (grandi Château di Bordeaux compresi) organizzata dal master of wine Clive Coates. In Italia, in gran parte a causa di una stilistica dominante, scandita da alcune guide, che tende a privilegiare i Barolo new style dai colori esasperati (e spesso sospetti), dalle grandi concentrazioni, dagli aromi di barrique, sui Barolo della tradizione cui il Monprivato appartiene a pieno diritto, il cru di Mauro Mascarello non viene invece, con alcune meritorie eccezioni a parte, considerato come merita. Troppo elegante, raffinato, bisognoso di lunghe maturazioni e affinamenti in cantina, per suscitare nei fanatici dei vini muscolari, dei body building wines, del Barolo pronto da bere (de gustibus…) quasi fosse un Novello, entusiasmi e plausi. Peggio per loro e peggio, purtroppo, per i lettori che vengono disinformati e ai quali non vengono trasmessi valori consolidati, ma elogi di strani vini à la mode, perché il Monprivato è e resta, insieme al Monfortino di Giovanni Conterno, ai vini di Bartolo Mascarello, Beppe Rinaldi, Baldo Cappellano, Aldo Conterno, Baldo Cappellano, Oddero e pochi altri, un punto di riferimento paradigmatico, imprescindibile, per tutti coloro che vogliano capire che cos’è un Barolo. Un grande Barolo, anzi. Per questo motivo, per regalarci il piacere di una grande emozione, di un percorso conoscitivo nella storia di un vino che onora l’enologia langarola e piemontese, e che solo la testarda ostinazione di qull’autentico “ultimo dei Mohicani” che è Mauro Mascarello, riesce a preservare intatto, qualche tempo fa ho chiesto a Mauro di organizzare per me e per un nucleo ristretto di amici e colleghi, Nick Belfrage master of wine collaboratore di Decanter e Winepros, Andreas März collaboratore di Vinum e direttore di Merum, Andrea Gabbrielli, collaboratore del Corriere Vinicolo e di Ex Vinis, Juancho Asenjo, firma del sito spagnolo Elmundovino (www.elmundovino.com ), Martin Kilchmann, collaboratore di Merum e Rolf Bichsel, capo redattore di Vinum, una verticale di Monprivato. L’avventura si è svolta nella cantina di Mascarello a Monchiero, ed è stata per tutti, posso assicurarlo, una delle più intense, appassionanti, straordinarie verticali, cui questo drappello di Barolo aficionados abbia avuto modo di partecipare. Trionfatore assoluto, inutile sottolinearlo, è stato…il Nebbiolo, emerso in tutta la sua grandezza, la sua capacità di regalare sensazioni inimitabili, di far capire come, a differenza di coloro i quali, pubblicamente o in maniera più subdola e squallida, sotterraneamente, infrangendo il dettato del disciplinare di produzione, che parla di Nebbiolo 100% per il Barolo, affermano che le regole andrebbero riviste e che una piccola percentuale di altre uve (i soliti noiosissimi, stramaledetti Merlot e Cabernet Sauvignon, oppure il Petit Verdot o la Syrah…) non farebbe di certo male al Barolo. E che i produttori dovrebbero essere lasciati liberi di scegliere se lavorare con il Nebbiolo in purezza oppure con la “stampella” (ma il Barolo ha le palle, accidenti, e non ha bisogno di balie, tutori, sostegni di nessun tipo, accidentaccio !!) di altri vitigni. Una tesi ridicola: se sono convinti che i loro Barolo diventino ancora più buoni, corretti Merlot o Cabernet, perché diavolo non buttano alle ortiche la vecchia e polverosa – a loro dire – Docg Barolo e non fanno confluire i loro vini, come ha fatto Gaja con lo Sperss, nella DOC Langhe Nebbiolo o nella DOC Langhe rosso, sfruttando la possibilità di usare, pubblicamente, legalmente, i loro fottutissimi vitigni “migliorativi” ? Alla faccia dei barrichisti spinti, di coloro sono celebrati e innalzati agli…altari per le loro macerazioni di 4 o 5 giorni, quel pomeriggio noi ci siamo goduti, ebbene sì, goduti, monsù Monprivato e monsù Nebbiolo, fatti come Dio e Bacco comandano, come i grandi vecchi di Langa, coloro che hanno creato e fortificato la leggenda del Barolo, hanno tramandato. Prima di cominciare con la verticale, con le povere annotazioni che in nessun modo, lo assicuriamo, possono rendere le sensazioni olfattive, le emozioni, le sfumature di gusto, l’autentica libidine provata, vogliamo dare alcune note tecniche sul vigneto Monprivato, riservandoci di parlare presto anche del Monprivato Cà d’Morissio, che con un lavoro lunghissimo meticoloso e tenace, Mauro Mascarello ha ottenuto, dall’annata 1993, effettuando una selezione massale su un vecchio clone di Nebbiolo, varietà Michèt, esistente all’interno del vigneto Monprivato e acclimatato nel particolare terroir e microclima grazie ad una permanenza in loco di oltre cinquant’anni. Il vigneto Monprivato è posto su un terreno di origine miocenica del tipo elveziano appartenente all’età terziaria, composto da marne limoso-argillose, di buona struttura, ricco di calcare attivo e ben dotato di microelementi in quantità proporzionale. E’ esposto a sud ovest in pieno mezzogiorno, ha bassa produttività, mai superiore ai 50 quintali per ettaro e fino all’annata 1992 vedeva concorrere per il 30% la varietà Michèt, per il 45% la varietà Lampia e per il 25% la varietà Rosé. Il Barolo Monprivato viene prodotto solo nelle grandi annate, in quantitativi variabili dalle 14 mila alle 24 mila bottiglia, contro una potenzialità produttiva annua che potrebbe essere di 41 mila esemplari. Detto del vino, affinato in botti di rovere di Slavonia non nuove, di capacità varianti dai 20 ai 90 ettolitri, del tipo di macerazione, lunga ma soffice, di 40 giorni in annate come il 1979 e 1978, passiamo a raccontarvi la nostra degustazione, nel corso della quale attribuiremo, come al solito, ad ogni vino, con il sistema normalmente adottato dalla rivista britannica Decanter, da un minimo di una ad un massimo di cinque stelle. Tutti i campioni della verticale sono stati aperti oltre due ore prima della degustazione.
Barolo Monprivato Cà d’Morissio 1993 4 stelle
Colore rubino brillante intenso e luminoso, il vino mostra una bella densità nel bicchiere, un naso elegante, molto pulito, suadente, di notevole precisione, con aromi di rosa passita, spezie, sottobosco e prugna. Al gusto mostra una tessitura vellutata, una notevole struttura, un frutto dolce che richiama il lampone: i tannini sono ben sostenuti ma non mordenti. Un bel Barolo, ancora giovanissimo, che deve aprirsi per esprimersi appieno.
Barolo Monprivato 1990 4 stelle e ½
Colore rubino piuttosto intenso e profondo, con leggere sfumature granate, ha nei profumi il suo forte: un naso elegante e caldo che accanto alla rosa passita, alle spezie (soprattutto cannella), mostra aromi di prugna sotto spirito, sottobosco, catrame e persino sfumature che richiamano gli amaretti ed il sottobosco bagnato. In bocca insieme ad una dolcezza vellutata, a tannini presenti e ben sottolineati, ad una struttura precisa, il vino sorprende per la ricchezza d’energia, la vivacità, il grandissimo equilibrio e la piacevolezza. Ancora molti anni davanti a sé ed una qualità straordinaria.
Barolo Monprivato 1989 4 stelle e ½
Colore rubino di bella intensità e brillantezza, vivace, luminoso, dalle sfumature granate splendenti, ha profumi delicatissimi, eleganti di rosa passita, cannella e melograno. Al gusto emergono ancora una notevole carnosità, tannini ben rilevati, una stoffa vellutata e calda che vanno a comporre uno spiccato carattere terroso tipico dei Nebbiolo di razza. Sorprendente equilibrio, grandissima piacevolezza di beva e compostezza
Barolo Monprivato 1988 3 stelle +
Sorprendente e bellissima l’intensità del colore, ancora vivacissimo e splendente, fantastico l’aroma, tra il catramato, l’animale, il selvatico, con sfumature di cuoio, tartufo, prugna sotto spirito, cioccolato, lampone e polpa di olive, che sboccia, è il caso di dirlo, su note di rosa passita e di humus. Leggermente meno importante la bocca, calda, di bella dolcezza, di media costruzione, anche se il vino mostra bella persistenza. Molto più evoluto del 1989.
Barolo Monprivato 1985 3 stelle e ½ – 4 stelle
Molto bella l’intensità del colore, evoluto, tendente a virare sul granato, molto nebbioloso negli aromi, caldi, vellutati, con suadente intensità che richiamano l’amarena e la prugna. Al gusto mette in evidenza una certa carnosità, una bella carne, tannini che mordono e una materia ancora viva e piena di forza. Notevoli l’equilibrio e l’eleganza d’assieme.
Barolo Monprivato 1982 3 stelle
Decisamente più evoluto e maturo del 1985, ha ancora una buona carne e una materia consistente, ma sembra condizionato da una certa stanchezza, da una carenza di vivacità. Se la terrosità è il carattere distintivo del Monprivato, il vino appare meno tipico e personale del solito.
Barolo Monprivato 1980 2 stelle e ½
Il colore è ancora molto bello, ma i profumi sono un po’ spenti e mostrano accenni d’ossidazione. In bocca è disarmonico, pungente, ha tannini un po’ asciutti che tendono a seccare. Il frutto è quasi interamente scomparso.
Barolo Monprivato 1979 4 stelle e ½
Fantastico ! Un Barolo ancora pieno di classe, d’intensità, carattere. Colore rubino di buona intensità e vivacità, profumi suadenti, carezzevoli, ricchi di sfumature calde, ma è in bocca che il vino esalta e si esalta. Una polpa carnosa, un bellissimo frutto succoso, una tessitura salda, una dolcezza temperata e ciliegiosa nei profumi, con tannini mordenti, una straripante vitalità ed energia, una ricchezza d’espressione davvero da campione. Forse un certo alcol in eccesso, ma ventidue anni portati con baldanzoso brio, ed una piacevolezza di beva sensazionale.
Barolo Monprivato 1978 3 stelle e ½ – 4 stelle
Sorprendentemente meno grande del 1979, ma ancora un bellissimo Barolo, con un rubino ancora vivo e profondo, un bel naso fitto, animale, che richiama la marasca, il cuoio, il tabacco, note di funghi secchi e di sottobosco, e, su tutto, un carattere spiccato di terra bagnata. In bocca ha ancora carne, bellissima consistenza, tannini ben rilevati e forse appena pungenti, ma senza il perfetto equilibrio e la vivacità d’espressione del 1979. Averne, comunque, di 1978 così…
Barolo Monprivato 1971 3 stelle e ½ – 4 stelle
Un trentenne, ottenuto, stranamente, da un esperimento di macerazione più breve del solito, solo 16 giorni, molto interessante. Bellissima l’intensità del colore rubino, denso, caldo e profondo, senza cedimenti né ossidazioni, ha un naso suadente e vellutato, con note selvatiche e di tabacco, di cuoio, spezie (cannella) e humus. In bocca emergono una bella costruzione terrosa, la nota terrosa – polverosa tipica del Monprivato, dei tannini ancora ben sostenuti ed energici. Un vino tutt’altro che stanco o al capolinea !
Barolo Monprivato 1970 4 stelle e ½
La verticale si chiude, come meglio non potrebbe, con questo grandissimo 1970, 5796 bottiglie ottenute da una macerazione di ben 40 giorni. Il colore è uno spettacolo, rubino dalle mille sfumature e leggere venature granate, un colore denso, fitto, impressionante per tenuta e profondità che ci piacerebbe fotografare e sbattere sotto al naso di tutti coloro che cianciano di un “problema di colore del Barolo”. Ma il problema del colore ce l’avete voi, miopi, stravolti mentalmente da sbornie di Cabernet ! Il naso è spettacoloso per finezza, eleganza, velluto, con una dolcezza aristocratica, una classe infinita, note di cacao, di sottobosco, melograno, cuoio, tartufo, funghi secchi, rosa passita, accenni terrosi e polverosi, come di cipria, che si rincorrono a comporre una vera e propria sinfonia aromatica, una celebrazione della grandezza del Nebbiolo. Velluto anche in bocca, una tessitura serrata e fitta di tannini, sostenuti ma non pungenti, una carne morbida, suadente, un finale che non arriva mai e stupisce per la capacità di avvincerti, di non mollarti mai, come un lungo bacio appassionato. Che grande libidine vinosa ! Per concludere: che spettacolo, che grande vino, che grande cru il Monprivato: lunga via al Barolo, re dei vini e vino dei re!
Franco Ziliani